All’indomani del decreto vini dealcolati, Schenk Italia è pronta a portare la propria produzione dalla Spagna all’Italia
Il futuro del vino dealcolato in Italia: tra sfide e opportunità
Il mercato del vino sta vivendo una fase di trasformazione, con una crescente attenzione verso i prodotti dealcolati (a zero alcol) o a bassa gradazione alcolica. Paesi come Danimarca, Belgio, Germania, Francia e Paesi Bassi stanno investendo nella produzione locale di queste alternative, un approccio che garantisce maggiore competitività e risponde alle nuove esigenze dei consumatori. In Italia, però, questo settore ha incontrato finora ostacoli significativi: la necessità di esportare il vino per la dealcolizzazione e successivamente reimportarlo ha comportato costi elevati e una gestione logistica complessa, frenando lo sviluppo del comparto.
Attualmente, i vini dealcolizzati rappresentano una quota marginale del mercato del vino italiano, pari al 2-3% della produzione totale. Si tratta di un prodotto di nicchia, apprezzato solo da pochi marchi, ma che potrebbe conoscere una crescita significativa. La sfida principale resta quella di ampliare il target, convincendo anche coloro che non consumano abitualmente vino – per motivi sociali, situazioni specifiche o scelte personali – a optare per un’alternativa più naturale rispetto alle bevande analcoliche tradizionali.
Con la firma del decreto ministeriale da parte del Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, l’Italia apre una nuova fase: anche i produttori nazionali potranno finalmente cimentarsi nella produzione di vini dealcolati. Un passo importante, accolto con entusiasmo da Daniele Simoni, Amministratore Delegato di Schenk Family Italia, uno dei principali protagonisti del settore.
Schenk Family Italia: nuovi scenari per il vino dealcolato
Per Schenk Family Italia, che finora ha prodotto tra le 50 e le 80 mila bottiglie di vini e bevande dealcolizzate in Spagna, commercializzandone il 25% sul mercato italiano, il decreto rappresenta una svolta strategica. “Spostare la produzione in Italia ci consentirà di investire maggiormente sui mercati, migliorando flessibilità, velocità e sostenibilità,” spiega Simoni.
Oltre agli aspetti economici e produttivi, il focus rimane sulla qualità e sull’educazione del consumatore. “La tecnologia permette oggi di ottenere vini dealcolati di qualità sempre migliore,” prosegue Simoni. Tuttavia, il gusto di questi vini, pur raffinato, si discosta inevitabilmente da quello dei vini alcolici, e ciò rappresenta una barriera importante per il consumatore tradizionale.
Un mercato di nicchia in evoluzione
Affinché il vino dealcolato possa crescere in Italia, sarà necessario puntare su campagne di sensibilizzazione che valorizzino l’aspetto naturale e salutare di questa scelta. In un contesto dove il consumo responsabile e le esigenze dei consumatori sono sempre più al centro, il vino dealcolato potrebbe ritagliarsi uno spazio significativo, specie tra coloro che cercano un’alternativa più autentica alle bevande analcoliche industriali.
Con l’apertura a questa nuova possibilità produttiva, il settore vinicolo italiano si prepara a una sfida ambiziosa: coniugare tradizione e innovazione per rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più diversificato.
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“Alcuni mercati, come quelli della Danimarca, del Belgio, della Germania, della Francia e dei Paesi Bassi, dimostrano una crescente attenzione verso i prodotti a zero alcol, o a bassa gradazione alcolica, con un forte interesse a produrli localmente per essere più competitivi. Per l’Italia, tuttavia, la necessità di esportare il vino per la dealcolizzazione e poi reimportarlo fino ad ora comportava costi e complessità che hanno penalizzato il settore. Attualmente, il volume dei vini dealcolizzati rappresenta una quota minima del mercato del vino, pari al 2-3% della produzione totale, fatta eccezione per pochi marchi, e quindi rimane un prodotto di nicchia. La sfida principale consiste nel capire se sarà possibile attrarre quei consumatori che, pur non bevendo abitualmente vino, magari per motivi sociali o per situazioni particolari (ad esempio, guidatori designati o donne in gravidanza), desiderano comunque condividere l’esperienza. Adesso che anche in Italia, con la firma da parte del Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, del decreto per i vini dealcolati, sarà possibile produrre i vini dealcolati, per Schenk Family Italia si apriranno scenari molto interessanti sia sotto il profilo delle economie di scala, che ci permetteranno di investire di più sui mercati per far conoscere questi prodotti, sia per quanto riguarda la flessibilità, la velocità e la sostenibilità di produzione”.
Queste le parole di Daniele Simoni, AD di Schenk Family Italia, all’indomani della firma ufficiale del Decreto che consente anche ai produttori italiani, di cui Schenk Family Italia è uno dei principali player, di produrre vini dealcolati
Per Schenk Italia, che fino ad oggi ha prodotto tra le 50 e le 80 mila bottiglie di vini e bevande dealcolate in Spagna, commercializzate per il 25% in Italia, questa novità rappresenta l’opportunità di spostare la produzione nella nostra Penisola e accrescere la propria competitività in questa nicchia di mercato. Ad una condizione. “Per far crescere realmente il settore in Italia, occorrerà convincere anche chi tradizionalmente non consuma vino a scegliere un’alternativa più naturale, come il vino dealcolato, rispetto a bevande più economiche e meno naturali. Sebbene la tecnologia consenta oggi di ottenere vini dealcolati di qualità sempre migliore, la differenza di gusto rispetto ai vini alcolici rimane significativa.”